Rapporto Fipe 2021: preoccupa la carenza di risorse umane

La tempesta perfetta che da oltre due anni si sta abbattendo sui pubblici esercizi non accenna a placarsi.

Nella provincia di Pistoia il 2021 si chiude con un saldo in negativo fra nuove iscrizioni e cessazioni di aziende pari a -64 unità (6,5% sul totale della regione) per un complessivo di 1.630 imprese del settore registrate in Camera di Commercio.

Nella provincia di Prato il saldo è di -39 unità (quasi il 4% sul totale della regione) per un totale di 1194 imprese del settore registrate in Camera di Commercio.

A dirlo sono Fipe-Confcommercio Pistoia e Prato – i Sindacati in rappresentanza dei pubblici esercizi delle due province – sulla base dei dati Infocamere, dai quali emerge un quadro complesso per il settore sul territorio.

Nella provincia di Pistoia pesano le 95 cessazioni nonostante il 5,7% posizioni la provincia fra le meno incidenti sul totale di chiusure in Toscana nel 2021. Il dato peggiore però sono le poche aziende iscritte: solo 31, il numero più basso in Toscana (5% sul totale). Si tratta di un evidente segno di territori che più di alti hanno pagato il prezzo del blocco del turismo e della mobilità e, soprattutto, dell’incertezza verso il futuro.

In quella di Prato, invece, sono 49 le nuove aziende iscritte, pari all’8% del totale della Toscana dove la provincia pratese è la più piccola per numero di pubblici esercizi che compongono solo il 5% del totale. Sono numeri, questi, che denotano la vitalità di un settore che non si arrende nonostante due anni di restrizioni continuino a fare sentire i loro effetti. 
Di contro, pesano le 88 cessazioni, sebbene anche in questo caso si posizionino all’ultimo posto del totale toscano con un 5,5%.

Ciò che preoccupa di più i pubblici esercizi è la perdita di risorse umane con la scomparsa di 1194mila posti di lavoro in Italia rispetto al periodo pre-covid (Rapporto 2021 Fipe-Confcommercio). In provincia di Pistoia sono 2.671 gli occupati (il 5% del complessivo toscano) mentre in provincia di Prato sono 2.569 (4,8%)e con l’avvicinarsi della stagione estiva e il decadimento delle restrizioni anti-contagio, tornano a mancare professionalità e competenze.

Questa è la naturale conseguenza di due anni di stop&go che hanno caratterizzato il settore e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato tutto intorno.
In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Il problema, se da una parte nasce come frutto di un momento, dall’altra rischia di diventare strutturale e di impoverire le città di una delle principali fonti di richiamo.
Sono necessarie iniziative e politiche a sostegno dell’occupazione nel settore. Su questo obiettivo FIpe-Confcommercio concentrerà la propria iniziativa e il proprio impegno. 

 

Dati Fipe-Confcommercio (su scala nazionale)

 

  • Dopo l’emergenza Covid, l’impennata dei costi di materie prime ed energia paralizza il settore: l’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari.
  • Rimangono contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.
  • L’impennata dei costi di gestione incide sulle previsioni di crescita, con il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta principalmente, secondo il 43% degli imprenditori, agli effetti del carovita e al perdurare di un indice di fiducia negativo.
  • Per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019. Nel 2021 i consumi si sono ulteriormente ridotti di 24 miliardi di euro rispetto al 2019.
  • Il lavoro resta l’emergenza più grave generata dal Covid: 193mila occupati in meno rispetto al 2019 e il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera professionalizzata e formata. Per 4 imprenditori su dieci mancano candidati e competenze adeguate.

 

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