Ora basta, sciopero fiscale e apertura subito

Interi settori “chiusi”, spese fiscali che continuano a correre, ristori insufficienti.

Confcommercio proclama lo sciopero fiscale per le imprese del terziario di Pistoia e Prato e chiede di più: riaprire subito o per le nostre attività non ci sarà alcuna prospettiva.

 

Si alzano i toni usati dall’Associazione che punta il dito contro la gestione caotica e parziale da parte del Governo dell’emergenza sanitaria, economica e sociale che sta attraversando il paese.

 

“I danni provocati al settore dall’inizio della pandemia sono drammatici e, purtroppo, irreversibili. Nessuno degli imprenditori che si trovano per la seconda volta costretti alla chiusura delle proprie aziende, sono in grado di sostenere i costi delle tasse che invece, sono tenuti a pagare.

 

E come potrebbero farlo se solo in Toscana i consumi sono andati indietro di 30 anni e – secondo i dati di Confcommercio – si stima una perdita media pro-capite di 2.700 euro?

Soprattutto, com’è pensabile che le stesse imprese riescano a riparare le perdite subite e contestualmente, saldare dipendenti, fornitori e imposte?

 

Abbiamo più volte chiesto una moratoria delle imposte fiscali al Governo, senza però ottenere risposte esaustive ed è arrivato il momento di dire basta.

Per questo - in linea con l’iniziativa di Confcommercio Toscana – proclamiamo lo sciopero fiscale per le oltre 28mila imprese del terziario delle due province.

 

Si tratta di un’azione collettiva – che rientra nei diritti della Costituzione – che vuole tutelare le aziende che si trovano oggi a non avere più risorse.

Non solo infatti, alcuni settori sono stati stigmatizzati come untori ed è di fatto stato impedito loro di lavorare. Allo stesso tempo, a fronte di ristori spesso insufficienti, non c’è stata nessun’azione mirata a fermare i costi in capo alle aziende e a sospendere la contribuzione fiscale.

 

Diamo priorità a pagare i dipendenti, che sono il nostro valore aziendale, e i fornitori che vivono questo dramma come noi.

 

Certamente non sarà possibile sottrarre al pagamento le ritenute, l’imposta Iva – anche se tanti imprenditori, avendo merce acquistata ma ancora invenduta in negozi e magazzini, di fatto sono a credito –  né la tassa di soggiorno perché si tratta di un credito che l’attività riscuote per conto del proprio Comune.

Sarà però possibile dichiarare lo sciopero per una lunga serie di altre tasse e imposte, da Irap a Ires a Imu, bollo auto e tassa sugli immobili”.

 

E Confcommercio non si ferma: “Questo infatti può servire, da una parte, per lanciare un segnale forte e puntare i riflettori su uno dei settori più colpito fin dall’inizio della pandemia, dall’altra, per dare una boccata di ossigeno alle stesse imprese ormai stremate.

 

Per poter avere una prospettiva futura, è però indispensabile riaprire le tante attività ad oggi chiuse e permettere loro, nel rispetto dei protocolli anti-contagio, di lavorare.

La diffusione del virus, infatti, non può dipendere da ristoranti, negozi di abbigliamento o, fra gli altri, gioiellerie. Che differenza c’è fra questi e tante altre aziende oggi aperte?

La verità è che siamo arrivata alla tanto annunciata seconda ondata senza mettere nelle condizioni di superarla l’intero sistema sanitario, come testimonia l’assenza di un funzionamento nei tracciamenti.

E a farne le spese sono, di nuovo, le aziende del terziario e, ancora di più, alcuni settori.

 

Questa disparità di trattamento deriva da una gestione dell’emergenza che getta rabbia e delusione sulle imprese colpite. E ancor peggio toglie speranza verso il futuro, generando gravi conseguenze sugli imprenditori”.

 

Per questo Confcommercio si mette dalla parte delle sue imprese: “I territori di Pistoia e Prato non possono perdere le aziende del terziario che li compongono e che costituiscono il 50% del totale delle imprese attive nelle due aree (dati Infocamere).

È ora il momento di fare di più e dimostrare concretamente che così non è possibile continuare”.

 

 

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