La Tari non fa sconti a Pistoia e Prato

Per il 2021 serve un cambio di rotta

Ingiustizia Tari: il Covid non fa sconti.

Imprese chiuse, crollo del lavoro, calo nella produzione dei rifiuti ma nessuna riduzione sull’imposta nel 2020. Nonostante il contesto emergenziale che ha coinvolto tutto il Paese, infatti, la Tari continua a rappresentare un peso insostenibile e spesso ingiustificato per imprese e cittadini.

A parlare sono i dati raccolti dall’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio ai quali la Confederazione ha dedicato una specifica indagine: nel 2020 l’ammontare complessivo della Tari in Italia si è attestato su valori analoghi a quelli del 2019 – circa 9,73 miliardi di euro – a fronte di un calo di più di 5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente. Rifiuti che tengono conto della produzione di dispositivi anti-Covid (soprattutto mascherine), smaltiti come indifferenziati: tra le 160mila e le 440mila tonnellate secondo le stime dell’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e per la ricerca Ambientale. 

Confcommercio – nell’ambito della ricerca confederale che analizza i capoluoghi di Provincia – ha puntato i riflettori sulla realtà dei comuni di Pistoia e Prato.

A Pistoia nel 2020 il costo complessivo della Tari è stato di circa 15,5milioni di euro – in linea con il 2019 quando, invece, il costo della parte variabile della tariffa era cresciuto fino al 30% per alcune categorie sull’anno precedente – da suddividere fra 193.325 abitanti e 8.441 aziende attive nel Comune di Pistoia al 31.12.2021 (dati CCIAA). Una suddivisione, però, non paritaria: a pagare il prezzo più alto sono le imprese. 

Fra queste, le più colpite sono ristoranti, bar, pizzerie ma anche ortofrutta, pescherie, fiori e piante, edicole, tabaccherie (dai 26 ai 40 euro al metro quadro).

E se da una parte le agevolazioni introdotte – fortemente volute in passato da Confcommercio – riescono ad alleggerire la tariffa, dall’altro oggi non sono più sufficienti.

A Prato, invece, nel 2020 il costo complessivo della Tari è stato di oltre 42milioni di euro – in linea con il 2019 – di cui il 45,5% (oltre 19 milioni) è attribuito alle utenze domestiche, contro il 54,5% (oltre 23 milioni) delle utenze non domestiche.

Fra quest’ultime, le più colpite sono quelle ricondotte a superfici espositive, gli alberghi, i ristoranti, le macellerie.

L’ARERA, l’autorità che ha assunto funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti urbani, ha determinato la riduzione della parte variabile della tassa, tenuto conto della minore produzione dei rifiuti legata alla sospensione delle attività produttive per il COVID-19, con l’intento di indurre i Comuni al pieno ed integrale rispetto del principio europeo “chi inquina paga”.

Tale principio avrebbe dovuto guidare l’azione degli enti locali nel rideterminare le tariffe, ma dalla ricerca, emerge come, a livello nazionale, il 60% dei Comuni abbia mantenuto le tariffe invariate, mentre il 17% le ha diminuite e il 23% addirittura aumentate.

A Pistoia e Prato, la direttiva è stata adottata determinando una riduzione del 25% della parte variabile della tariffa.

“La situazione è insostenibile, impossibile continuare in questa direzione nel 2021

Il peso che la Tari continua ad avere per le attività, in particolar modo per le piccole e medie imprese del terziario, ci lascia sconcertati.

Le attività sono chiuse da mesi, dopo un anno di aperture a intermittenza, limitazione dei flussi e forti contrazioni dei consumi. Nonostante ciò, il Governo continua a usare due pesi e due misure: da una parte si chiedono ancora continui sforzi alle attività economiche, dall’altra non viene fatto loro alcuno sconto. 
Questo non può ripetersi per il 2021, non ci sono le condizioni per poterlo sostenere: le imprese chiuse non possono pagare il prezzo di rifiuti che non producono”.

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