Fipe: stop alle sagre

Il messaggio di Fipe - Confcommercio era stato chiaro e netto : l'estate 2020 nel post covid19 dovrà essere NO-SAGRE! Le pizzerie e i ristoranti quest'anno non possono sostenere e accettare lo svolgimento di sagre e feste che in situazioni incerte dal punto di vista sanitario e autorizzativo producendo spesso economia sommersa.I ricavi che le imprese della somministrazione  riescono a sviluppare in questa fase si sono dimezzati con un rischio potenziale di una carneficina di imprese entro la fine dell'anno.A fronte di queste posizioni le amministrazioni comunali hanno fatto spesso orecchi da mercante.

Lo ribadiamo oggi con ancora maggior forza quando si cominciano a vedere iniziative, come quella organizzata a Casalguidi che propongo 5 fine settimana (per un totale di ben 14 serate) di manifestazione ed altre che si stanno affacciando all’orizzonte a cui dobbiamo aggiungere le attività, spesso (ad essere buoni) sul limite del consentito , svolte da circoli o comunque da soggetti non imprenditori.

Si tratta di un duro colpo per le attività di ristorazione che dopo mesi di chiusura hanno da poco, fra mille adempimenti e costi, avviato una faticosa ripartenza.

Se da un lato comprendiamo la “voglia di normalità” che in modo trasversale riguarda tutta la società, ci troviamo però spiazzati dalla leggerezza con cui si consente lo svolgimento di iniziative che fondano proprio sulla loro estemporaneità e “non professionalità” la loro ragion d’essere. Questo spirito è nettamente contrario alle necessità di “professionalità”, conoscenza delle procedure previste dalle normative e investimento che l’attuale emergenza sanitaria impone nel normale svolgimento delle attività d’impresa, soprattutto  laddove queste sono caratterizzate dalla somministrazione di alimenti e bevande a numeri significativi di utenti.

Invece mentre le aziende , fra mille incognite e molti sacrifici, si impegnano a restare aperte, anche per  mantenere l’occupazione oltre che per offrire un servizio alla comunità, si legittima, in modo seriale,  lo svolgimento di iniziative “una tantum” che, è inutile negarlo, creano concorrenza sleale nei confronti dei ristoranti, spesso senza valorizzare alcuna tipicità del nostro territorio.

La nostra non è una contrarietà alle manifestazioni che valorizzano prodotti e usanze del territorio, meritevoli e legittime, ma evidenziamo che spesso queste iniziative non tengono conto di tali caratteristiche e anzi, sono preordinate ad un business non corretto che le esenta dalle regole a cui deve invece attenersi l’intero settore.

Si tratta di un tema fondamentale, che riguarda più settori di attività e che quest’anno ci appare ancora più caldo e quindi a maggior ragione riteniamo necessario che si eviti di autorizzare tali manifestazioni che, nella loro ricaduta economica,  minano l’efficacia di tutti quegli interventi che vengono messi in campo per favorire la ripresa della ristorazione.

Chi fa determinate scelte deve prendersi le responsabilità che ne derivano, con tante aziende che rischiano di non sopravvivere alla ripartenza e la conseguente perdita per il territorio di importanti punti di riferimento sia dal punto di vista economico, sia da quello sociale.

 

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